Vittoria Colonna
Marino, 1490 o 1492 – Roma, 25 febbraio 1547
Poetessa
Appartenente alla nobile famiglia dei Colonna, figlia di Fabrizio Colonna e di Agnese di Montefeltro, dei Duchi di Urbino, ebbe il titolo di marchesa di Pescara.
I Colonna erano, in quegli anni, alleati della famiglia D’Avalos e, per suggellare tale alleanza, concordarono il matrimonio fra Vittoria e Ferdinando Francesco (detto Ferrante), quando ancora erano bambini. I due si sposarono il 27 dicembre 1509 ad Ischia, nel Castello Aragonese. Con l’arrivo di Vittoria Colonna, sposa all’età di 19 anni, e di Ferdinando Francesco d’Avolos, la vita nel castello di Ischia cambiò radicalmente. Donna affascinante e una delle più grandi poetesse del ‘500, definita la Petrarca femminile, attirò un gran numero di artisti, studiosi, umanisti e poeti, tra cui Jacopo Sannazzaro, Benedetto Cariteo e Michelangelo Buonarroti, nominato Commissario generale delle fortificazioni. Quest’ultimo, legato da grande amicizia con Vittoria, le dedicò versi ispirati. La signora dell’isola nelle sue Rime cantò l’amore per Ferrante, definendolo il suo sole, anche se il matrimonio non fu particolarmente felice, caratterizzato dalle assenze del marito impegnato in lunghe campagne militari.
Nel novembre 1525 Ferrante morì e Vittoria entrò in contatto con i più importanti circoli riformatori dell'epoca. A Napoli nel 1530 cominciò a frequentare il circolo di Giulia Gonzaga, che si riuniva intorno alla figura e al pensiero di Juan de Valdès, stringendo legami con esponenti dell’evangelismo italiano, quali Marcantonio Flaminio, Pietro Vermigli, Isabella Bresegna. A Viterbo, presso il convento di S. Caterina, frequentò assiduamente il circolo riformatore legato al cardinale inglese Reginald Pole, con il quale ci si incontrava per discutere di testi sacri e di riforma della Chiesa.
Autorevole protagonista del gruppo degli spirituali, nonché attiva interprete degli aneliti di riforma, Vittoria Colonna è l’unica donna a essere a conoscenza dell’epistola de justificatione che nel 1541 era oggetto di laceranti discussioni nella dieta di Ratisbona con i seguaci di Lutero.
Dopo lo scioglimento del circolo viterbese per le pressioni della Chiesa di Roma, la poetessa, nell’estate del 1544, lasciòViterbo e tornò a Roma alloggiando presso il convento di S. Anna.
Gli ultimi due anni della sua vita, segnati da dolore fisico e morale, furono riempiti dall’amicizia con Michelangelo da lei conosciuto nel 1532 e che la stimava enormemente. La morte la colse a Roma il 25 febbraio del 1547 dopo una lunghissima malattia. Michelangelo, suo devoto ammiratore, non smise mai di vegliarla e inconsolabile per il dolore di quella perdita scrisse: “Morte mi tolse un grande amico”!
Di lei si conservano l’Epistolario, che testimonia la fitta rete di rapporti, di stima e di amicizia con i personaggi più in vista del mondo della cultura e della politica del tempo, e le Rime, dove emerge sia la familiarità che aveva con la Sacra Scrittura, sia il percorso mistico dai forti richiami valdesiani.
Rosa Bianco
Jules Lefebvre, Pubblico dominio, via Wikimedia Commons