SS. Pietro e Sebastiano
La prima attestazione di un monastero intitolato ai SS. Pietro e Sebastiano risale al 1424 quando alcune monache domenicane, provenienti dal monastero napoletano di S. Pietro a Castello, furono collocate per disposizione di papa Martino V nell’antica sede del monastero benedettino di S. Sebastiano, situato nella parte occidentale della città.
Il monastero femminile di S. Pietro a Castello era stato fondato nel 1301 per volere di Maria d’Ungheria e di Carlo II d’Angiò al fine di procurare una dimora adeguata alle loro nobili consanguinee Elisabetta d’Ungheria, sorella minore della regina, e Isabella, sorella del re. Attorno a queste donne di stirpe reale si erano strette rapidamente alcune religiose provenienti dal monastero domenicano di S. Anna di Nocera e altre nobili discendenti delle famiglie più vicine alla corte angioina, dando vita a una elitaria comunità che prosperò per tutto il XIV secolo, grazie a lasciti e alla salda protezione regia.
Nel 1423 il monastero fu coinvolto nei drammatici avvenimenti della guerra tra Alfonso d’Aragona e Luigi III d’Angiò per la successione al trono: i Catalani rasero al suolo l’edificio e allora che le monache furono trasferite nell’antichissima sede di S. Sebastiano, un antico cenobio benedettino che possedeva un cospicuo patrimonio di beni fondiari. Ad una delicata e difficile fase di ricostruzione seguì una vera e propria rinascita della comunità monastica dovuta all’entrata nel convento di ragazze discendenti dalle famiglie dei Seggi più antichi della città (Carafa, Piscicelli, Gattola, Caracciolo), a un controllo più stretto da parte dei domenicani e all’abile guida della priora Maria Francesca Orsini, una nobildonna che durante il suo governo (1459-1475) seppe intrecciare relazioni con diverse comunità domenicane femminili del Mezzogiorno, per le quali divenne un importante punto di riferimento.
La comunità, seppure conduceva uno stile di vita severo, era prospera e dinamica. Le religiose oltre a dedicarsi alle tradizionali attività femminili che si svolgevano tra le mura claustrali, come quelle del cucito, erano direttamente coinvolte in una intensa attività scrittoria volta alla produzione di registri contabili e amministrativi. Sappiamo da queste fonti che il modello alimentare si configurava ben al di sopra della semplice sussistenza dal momento che venivano consumati: uova, pesce fresco, carne, frutta e verdura, ed anche spezie, mandorle, miele, formaggi freschi e stagionati, salsicce, taralli, maccheroni.
Pochi anni dopo la morte di Francesca Orsini entrò nel monastero Maria Carafa, la futura fondatrice del monastero femminile della Sapienza, Nel 1528 si era rifugiata insieme con altre religiose dei Ss. Pietro e Sebastiano nel monastero di S. Maria Donnarómita per sottrarsi ai pericoli dell’assedio francese. Ritenendo più rigorosa la regola che vi si osservava decise di abbandonare definitivamente la vecchia comunità e di fondarne una più rispondente alle sue ansie spirituali.
Poco conosciute sono le vicende della comunità monastica durante l’età moderna fino alla soppressione avvenuta il 12 gennaio del 1808. Dopo quella data l’edificio conventuale fu destinato a diversi scopi: divenne sede del Conservatorio di Musica prima che quest’ultimo venisse trasferito nel convento di S. Pietro a Maiella, fu affidato poi ai Gesuiti e dopo l’Unità d’Italia divenne sede del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II. Dei due chiostri, il più recente è andato perduto mentre il più antico conserva ancora l’impianto basiliano.
Antonella Ambrosio
📍Quartiere: San Giuseppe, P.za Dante, 41
☨ Tipologia: Monastero domenicano
📅 Data di fondazione: 1423, Sopp. 1808
⛪ Regola monastica: Domenicana
👑 Presenze nobiliari: Seggi di Nido e Capuana: Caracciolo, Carafa, Piscicelli, Gattola
Fonti
La soppressione incise profondamente anche sulle vicende dell’archivio monastico, provocandone lo smembramento. Una piccola parte delle pergamene si trova presso la Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria; il resto dei documenti originali e i volumi furono depositati nel 1826 nel Grande Archivio di Napoli. Nell’Archivio di Stato di Napoli, nel fondo Corporazioni religiose soppresse attualmente sono però consultabili i soli volumi, in quanto le pergamene purtroppo subirono la stessa sorte dei registri angioini e di gran parte della documentazione aragonese andando perdute nel 1943.
- ASDN, Liber Visitationum Monialium, I (Ascanio Filomarino) ff. 73-74v; II (Ascanio Filomarino), ff. 11-12; III (Innico Caracciolo), ff. 148-151/182-189
- ASDN, Vicario delle Monache, 307-316 (Esplorazioni 1-619 [1586-1809]; Miscellanea) ASN, Corporazioni Religiose Soppresse, 1386-1563 V
- ASN, Patrimonio Ecclesiastico, 565, Stato presente delle rendite e pesi del monistero di S. Sebastiano
- BNN, Ms. XI E 29 f. 35
- BSNSP, Pergamene, 9CCI1–35; 9CCII1–38, 9CCIII1–37, 9CCIV 1-26, 9 CC V1–31
- Roma, Archivio Generale dell’Ordine dei Frati Predicatori, Liber O, I.
- De Stefano, Descrittione, p. 177-179
- Araldo, Cronica, p. 204
- Araldo, Repertorio, p. 193
- D’Engenio, Napoli Sacra, pp. 222. 226-227
- De Lellis, Aggiunta, Vol. II, f. 209
- D’Aloe, Catalogo, pp. 536. 724-725
- Celano, Notizie, Vol. 3, Giornata II, pp. 726-727
- Chiarini, Aggiunzioni, Vol. 3, Giornata II, p. 858
- Galante, Guida, Giornata IV, pp. 109-111
Bibliografia
- Galdiero Daniele, Sebastiano, in Napoli Sacra, III Itinerario, Napoli 1993, pp. 187-190.
- Lagnese Giampiero, Sebastiano, in Napoli Sacra, III Itinerario, Napoli 1993, pp. 190-192.
- Ambrosio Antonella, Il monastero femminile domenicano dei Ss. Pietro e Sebastiano di Napoli. Regesti dei documenti dei secoli XIV -XV, Salerno 2003.
- Ambrosio Antonella, La vita quotidiana in un monastero femminile di Napoli alla fine del Quattrocento: la documentazione ‘a registro’ dei SS. Pietro e Sebastiano, in Rassegna Storica Salernitana, nuova serie, 45 (giugno 2006), pp. 35 – 60.