SS. Gennaro e Clemente alla Duchesca
Il Conservatorio fu fondato intorno al 1710, grazie alla pietà dei fedeli e alla cura dei sacerdoti Domenico Lucano (o Lucina) e Francesco Basile, per accogliere povere orfane abbandonate nella contrada della Duchesca dopo l’eruzione del 1707. Dalle sedici ragazze iniziali si arrivò ben presto a 190 ospitate, cosicché il cardinale Francesco Pignatelli acquistò due alloggi nel rione Duchesca e cedette all’Istituto la chiesa di S. Clemente. A dirigere l’Istituto fu chiamata l’oblata Orsola Pepe.
Il mantenimento del Conservatorio era costoso cosicché le ragazze erano costrette ad uscire per le strade della città questuando a viso coperto e con un crocifisso in mano.
Il Regolamento del 1755 dovuto soprattutto all’intervento del cardinal Sersale, testimonia la veloce trasformazione dell’Istituto da Asilo per ragazze in pericolo a Conservatorio. Si ammisero da quel momento soltanto ragazze napoletane vergini, figlie legittime, povere, pericolanti, di buoni costumi e di età non superiore ai trent’anni. Una volta entrate in Istituto le giovani erano affidate ad una Maestra ed educate secondo uno stile austero e semi-monastico. La giornata trascorreva tra preghiera e lavoro. Era proibito dormire assieme nello stesso letto, possedere animali maschi o ricevere la visita di congiunti maschi; erano vietati ogni sorta di ballo, canto o spettacolo, nonché l’uso di vesti appariscenti e di monili. Queste severe regole prevedevano delle pene di un mese di digiuno per le mancanze, e per le pene ritenute gravi anche di carcere conventuale a giudizio del cardinale Protettore. La direzione era affidata ad una Madre badessa coadiuvata da una Vicaria, sei Consultrici, due Maestre di novizie, due Maestre di educande, una Sagrestana, due Portinaie, una Ascoltatrice, una Dispensiera, un’addetta ai conti, una Prefetta delle pulizie, una Panettiera, una Refettoriera, una Capo corista, un’Organista, una Maestra del canto, una Accompagnatrice, una Infermiera, una Cuciniera, una Vestiaria e, infine, dalle Questrici, addette alla questua.
Le oblate vestivano l’abito azzurro di san Gennaro. A tutte si proibiva il busto e per le scarpe si precisava che dovevano essere nere senza punta e senza tacco secolaresco, senza fibbie e fettuccine. Le educande non potevano acconciare i capelli «all'uso del secolo, né che siano incipriati, o legati con fettuccia»; men che mai erano consentite pettiglie, ossia pettorine ricamate, gioielli, ventagli, e tutte dovevano indossare un abito di color turchino.
Stando al censimento Spinelli del 1832, il Conservatorio risultava essere uno dei più poveri. Con decreto del 6 gennaio 1876 si fissò la natura laica del Conservatorio e si stabilirono norme che impedissero l’oblatismo. Con il nuovo Statuto del 1876 si stabilì di accogliere fanciulle povere per avviarle a mestieri onesti ed educarle fino alla IV elementare.
Nel 1898 entrò a far parte, insieme ad altri conservatori, nell’ente «Collegi riuniti per le figlie del popolo».
a.v.
📍Quartiere: Vicaria, Vico II Duchesca
☨ Tipologia: Conservatorio per orfane povere
📅 Data di fondazione: 1710
⛪ Regola monastica: [Abito azzurro di S. Gennaro]
👤 Fondatore: Sac. Domenico Lucano
Fonti
- ASDN, Conservatori, Ss. Gennaro e Clemente, Miscellanea D 427; Regole del 1755.
- ASN, Ministero dell’Interno, Inventario II, f. 2293
- Chiarini, Aggiunzioni, Giornata III, p. 1206
- Galante, Guida, Giornata VII, p. 273
- Lo Stato delle Opere Pie di Napoli al 1861, n. 52
Bibliografia
- Staffa Scipione, Del riordino degli stabilimenti di beneficenza nella città di Napoli, Napoli 1867, p. 60.
- Filangieri Ravaschieri Fieschi Teresa, Storia della carità napoletana, IV, Napoli 1879, pp. 103-105 (Ss. Clemente e Gennaro).
- De Simone Giuseppe, Sul riordinamento delle opere pie nella città di Napoli dopo l’Unità, Napoli 1880, pp. 332-333.358.
- Vecchione Ernesto - Genovese Enrico, Le istituzioni di beneficenza nella città di Napoli, Napoli 1908, p. 76.
- Illibato Antonio, La donna a Napoli nel Settecento, Napoli1985, 61-63; 111-123 (Regole).
- Guidi Laura, Onore e status femminile negli istituti di reclusione napoletani dell’Ottocento, in Quaderni 2 (1988), n. s., n. 1, pp. 170-189
- Guidi Laura, L’onore in pericolo. Carità e reclusione nell’Ottocento napoletano, Napoli 1991, pp. 23-39
- Valenzi Lucia, Poveri, ospizi e poteri a Napoli (XVIII-XIX sec.), Milano 1996, pp. 23-40
- Boccadamo Giuliana, Monache di casa e monache di conservatorio, in Donne e religione a Napoli. Secoli XVI-XVIII, a cura di G. Galasso e A. Valerio, Milano 2001, p. 174
- Valerio Adriana, I luoghi della memoria, II, Istituti religiosi femminili a Napoli dal 1600 al 1861, Napoli 2007, pp. 427-429
- Boccadamo Giuliana, I conservatori femminili a Napoli nel Regno nella prima metà dell'ottocento: Persistenze e innovazioni, in L’istruzione in Italia tra sette e ottocento. Da Milano a Napoli: casi regionali e tendenze nazionali, I, a cura di A. Bianchi, Brescia 2012, pp. 823-825.
- Rocca Giancarlo (a cura di), Dizionario dei semireligiosi e semireligiose in Italia dal concilio di Trento sino agli inizi del Novecento, promosso dalla Associazione dei professori di storia della Chiesa in Italia. (le voci relative agli istituti napoletani sono curate da Rosanna Esposito)