Santa Valentina Martire
Santa Valentina
martire (Cesarea in Palestina, IV secolo)
Di santa Valentina martire non si sa molto se non che, così come si legge all’interno del martirologio romano del 1587, fu gettata nel fuoco quando, rifiutandosi di omaggiare gli dèi, rovesciò un altare sacrificale a furia di calci. Al di là della notizia della morte, avvenuta nel 309 d.C., non vi è altro che permetta di comprendere quali siano state le sorti del suo corpo né, a quanti anni, la giovane sia deceduta. Recentemente, però, a partire dagli studi dello storico Luigi Verolino, qualcosa è cambiato e nuovi tasselli si aggiungono a completamento del puzzle della vita della santa i cui resti, pare, siano attualmente custoditi a Napoli.
Una recente analisi bibliografica ha suscitato non pochi interrogativi. Secondo antichi volumi, i resti mortali di santa Valentina si trovano prima a Rimini, poi a Bologna, poi a Firenze ed infine a Velletri e tutto ciò è spiegabile considerando l’incessante e sempre più invasivo traffico di reliquie di presunti martiri che – dal medioevo e fino al XIX secolo – interessò i luoghi più importanti della cristianità, tra ui, principalmente, Roma. Per legittimare il proprio status o accaparrarsi il favore di principi e sovrani, infatti, la pratica dell’estrazione e traslazione delle reliquie si rese quanto mai usuale tanto che, nel 1628, il numero di presunti martiri tratti dalle catacombe si fece particolarmente consistente. A tal proposito, onde evitare che si potesse commettere un errore di identificazione, nel 1672, Clemente X introdusse la figura del custode delle sante reliquie, evidenziando come la perizia sui resti custoditi nei cimoeteria dovesse essere effettuata soltanto da illustri personaggi della Chiesa, sulle considerazioni poi riportate dal canonico Nicola Antonio Cuggiò, che sottolinea come i corpi dei martiri potevano essere individuati da un vaso di sangue, di vetro o terracotta, ovvero da una palma scolpita sulla lastra tombale o ancora, tra le altre cose, dal nome del martire posto sulla lapide a chiusura del sepolcro. Proprio quest’ultimo elemento ci aiuterebbe a capire dove, oggi, le reliquie della giovane martire siano conservate. In un documento del 1814, si legge che una bellissima statua di santa Valentina fu trasportata a Napoli, presso la cappella privata del sig. Parascandolo - dove, tutt’oggi, è conservata. L’opera, in cera, che probabilmente custodisce al suo interno resti mortali, secondo le antiche tecniche di realizzazione dei corpi santi, è frutto del lavoro del noto scultore Benedetto Agrizzi. Accanto alla presenza del vasetto col sangue, è possibile notare una lapide, la cui lapidaria avvalorerebbe l’autenticità. Anche se non sono presenti elementi di simbologia cristiana (colomba, croce, pesce etc.), la lastra riporta il nome della santa indicando l’età della sua morte: VALENTINA VIRGO ANNORUM XIII IBIT IN PACE (VALENTINA FANCIULLA DI ANNI TREDICI ANDÒ IN PACE).
Si tratta, questa, dell’unica testimonianza archeologica – mai riscontrata sino ad ora - che testimonia l’età di santa Valentina al momento del martirio. Secondo l’iscrizione, suffragata da un disegno preparatorio di Agrizzi custodito presso il Gabinetto Disegni e Stampe del Fondo Nazionale Petrini, santa Valentina è morta all’età di tredici anni. Se non si può asserire, con assoluta certezza, che le spoglie conservate a Napoli siano o meno autentiche, diversamente si può dire della lapide che – sulla base di una prima analisi autoptica, risulta originale.
Attualmente è possibile ammirare il simulacro, con la relativa lastra marmorea iscritta, presso la cappella omonima nel quartiere di Ponticelli (NA) dove, periodicamente, il tempietto viene aperto per ospitare eventi culturali organizzati dal Premio “Cesare Filangieri”.
Giancalo Piccolo