S. Maria della Fede

Nel 1744, per volontà di Benedetto XIV, il convento agostiniano e chiesa fondati nel 1617 e intitolato a S. Maria della Fede, passarono sotto la giurisdizione dell’Albergo dei Poveri e furono deputati, per volere della regina Maria Amalia di Sassonia, ad accogliere cento donne vaganti.

Durante il periodo del Decennio francese la struttura passò sotto l’Amministrazione della Guerra e venne utilizzata come magazzino fino al 1811, anno in cui tornò alle dipendenze dell’Albergo dei Poveri, trasformandosi praticamente in ospedale femminile.

Insieme all’Ospizio di S. Francesco di Sales e al Cronicario di S. Maria della Vita, fu una delle tante Opere fondate per accogliere vagabonde e prostitute affette da malattie veneree. Si trattava di un ospedale per «le meretrici infette di male venereo», che aveva come finalità non solo di curare la piaga della sifilide, ma anche di tenere sotto controllo, attraverso la polizia, il fenomeno della prostituzione a essa collegata.

Situato nel popoloso borgo di S. Antonio Abate, ospitava un elevato numero di donne, spesso superiore alle 4.500 unità annue. Un tale sovraffollamento, che arrivava anche a 600 infette ospitate contemporaneamente, non poteva non creare gravi disagi in merito al mantenimento dell’igiene, dell’ordine e della disciplina. I non pochi casi di indisciplina indussero i direttori a fare richiesta formale di costruzione di vere e proprie celle di punizione; numerosi erano anche i casi di corruzione, di malversazione e di violenza che, in più di un’occasione, determinarono atti di sommossa all’interno dell’ospedale o episodi di fuga delle pazienti-recluse.

Le condizioni di vita delle ricoverate erano molto dure: pur essendo l’entrata in genere volontaria, si registravano non di rado episodi di ricovero forzato. L’alimentazione era scarsa e la disciplina carente, nonostante l’adozione di metodi più simili a quelli carcerari che a quelli ospedalieri. A dispetto di tutto ciò, accadeva spesso che le ammalate, una volta guarite, non volessero abbandonare l’Istituto. Si trattava spesso di donne che non intendevano tornare sulla strada o di anziane (tra i 60 e i 65 anni) che non potevano più prostituirsi per evidenti ragioni anagrafiche. A loro veniva affidato il disbrigo dei lavori essenziali e il mantenimento della struttura, con il conseguente vantaggio di economizzare sulle spese del personale. Di norma erano presenti tre medici ordinari, tre medici assistenti, dodici infermiere, due governanti, due portinai, due guardie di Pubblica Sicurezza.

Sotto il profilo architettonico, l’edificio si articolava in 3 cortili, uno dei quali con giardino, attorno ai quali ruotavano più sale: quella della Maternità (riservata alle donne gravide o con bambini piccoli), quella denominata Scabbia (per le affette da malattie allo stato acuto), quella delle Riservate (per le donne non prostitute, ma ugualmente colpite da malattie veneree) e quella delle Pensionate (destinata a donne che potevano pagare e, dunque, ricevere un trattamento diverso).

Nella relazione che seguiva la visita pastorale del cardinale Sisto Riario Sforza del luglio 1859, si descriveva la divisione nella struttura di tre sezioni; in una vi erano 200 donne circa, che don Pasquale Maggio faceva pregare ogni giorno celebrando la messa e amministrando i sacramenti. In un’altra all’incirca 80 donne erano ricoverate nella penitenza, a disposizione del Prefetto di polizia; anche queste recitavano ogni giorno il rosario e partecipavano alla messa nei giorni festivi. Un’altra ala era occupata dall’Ospedale dove erano ricoverate circa 180 donne, 60 delle quali in infermeria e assistite dalle francescane di S. Maria Avvocata.

Con decreto Luogotenenziale del 14 dicembre 1860 Santa Maria della Fede venne sottratto all’Amministrazione dell’Albergo dei Poveri per essere posto sotto le dipendenze del Ministero di Polizia, assumendo il nome di Sifilicomio. Molte donne, guarite e desiderose di cambiare vita, furono trasferite nella Casa Asilo di S. Maria Maddalena ai Cristallini; le altre, patentate, ritornavano a esercitare la prostituzione.

Il Regolamento del 1871 prevedeva anche la presenza delle Suore di Carità.

La facilità di relazioni con l’esterno consentiva agli sfruttatori delle malate e alle tenutarie delle case di tolleranza di mantenere costanti contatti con loro, interferendo così pesantemente nella vita dell’istituzione. Sarà proprio tale difficoltà di mantenere il controllo e la disciplina a determinare la soppressione di istituzioni di questo tipo. Il Regolamento Crispi del 1888 soppresse definitivamente i Sifilicomi, indicandoli come «scuole di corruzione» e «centri di lenocinio». Una volta dismesso,  S. Maria La Fede fu trasformato in dispensario celtico.

Il chiostro è oggi sede dell’Istituto Alessandro Volta.

a.v.

Fotografie di Massimo Velo


📍Quartiere: Vicaria, Piazza S. Maria della Fede, 13

 ☨  Tipologia: Ospedale per donne vagabonde e prostitute

📅 Data di fondazione: 1617, dal 1811 aggr. all’Albergo dei Poveri

⛪ Regola monastica: Gesuita

👥 Fondatori: Pii Operai

condividi su