Laura Beatrice Oliva
(Napoli 1821- Fiesole 1869)
Poetessa
"Musa del Risorgimento italiano", nacque a Napoli il 17 gennaio 1821. Il padre Domenico Simeone Oliva – pittore, poeta di corte e precettore dei figli del re Gioacchino Murat – le diede i nomi delle due donne amate da Petrarca e da Dante. Convinto antiborbonico, col ritorno sul trono di Ferdinando I , fu costretto all'esilio con tutta la famiglia a Parigi, dove iniziò a trasfondere nella figlioletta il suo stesso amore per la patria e per le lettere. Solo dopo la morte del re Borbone, Domenico Simeone poté rivedere Napoli, dove Laura, appena quindicenne, si fece conoscere come poetessa, meritando di entrare nell' Accademia Filarmonica. Nel1837, Rosa Taddei le dedicò una poesia ricca di ammirazione, pubblicata su Le ore Solitarie , giornale diretto da Pasquale Stanislao Mancini dei marchesi di Fusignano. Fu grazie all'intervento dell’attrice e poetessa trentina che Laura e Pasquale si innamorarono, unendosi poi in matrimonio nonostante l'iniziale ostilità dei genitori di lui.
Malgrado gli impegni di una famiglia numerosa (ebbe undici figli, tra i quali Grazia e Flora seguirono le orme materne), la poetessa continuò a scrivere versi infuocati sull'indipendenza nazionale, esaltando i martiri della patria, deridendo garbatamente i potenti e chiamando le donne italiane a unirsi nella lotta per la libertà: idee rivoluzionarie che animano anche il suo dramma storico in versi del 1845Ines de Castro. Letta in tutta l'Italia, non a caso Laura venne chiamata “la Corinna italiana”, in riferimento all’eroina del famoso romanzo di Madame de Staël. Nel 1844 celebrò l'eroismo dei
fratelli Bandiera; due anni dopo, a Firenze , molti letterati la salutarono come la poetessa del Risorgimento italiano. Per aver partecipato alla rivoluzione napoletana del 1848 e sfuggire alle persecuzioni della polizia, fu costretta a trasferirsi con il marito a Torino , dove ebbe subito un ruolo importante nella fondazione di una scuola per allieve maestre. Ammiratrice, nel 1859 , della politica di
Cavour , continuò ad inviare versi di incitamento a Vittorio Emanuele II e a Garibaldi. Rientrò nella sua Napoli solo nel 1860, dopo la fuga dei Borbone , e lì compose una cantata per Vittorio Emanuele, eseguita al teatro San Carlo, alla presenza dello stesso sovrano. Di nuovo a Torino nel 1861, pubblicò Patria e amore , esprimendo sentimenti non sempre in linea con la politica dei Savoia. Nel 1863 , in occasione dell'insurrezione polacca , scrisse un inno che denunciava l'occupazione francese di Roma. La stampa applaudì il suo coraggio e molte accademie vollero iscriverla nel loro albo. Col trasferimento della capitale a Firenze , Laura andò a vivere con la famiglia in Toscana, visitata da personaggi illustri come Giuseppe Garibaldi e Terenzio Mamiani. Dedicò il suo ultimo canto politico ad Adelaide Cairoli , che nella disfatta garibaldina di Mentana aveva perso due dei suoi figli. La morte la colse nel 1869 in una villa di Fiesole.
« col nome della sua Italia tra le labbra», circondata dal marito, dai sei figli sopravvissuti e dagli amici. Il municipio di Napoli la onorò intitolando a lei la via dov’era la sua casa natale, nei Quartieri spagnoli. La targa posta sulla facciata la definisce «poetessa delle sventure e della libertà d'Italia».