Immacolata Concezione a S. Eframo Nuovo
Stando alle informazioni riportate sulla lapide, apposta sull’ingresso e risalente al 1789, la fondazione dell’Istituto si deve al gesuita Francesco Pepe che, coadiuvato dal domenicano padre Rocco, aveva raccolto verso il 1730 alcune ragazze povere e abbandonate. In seguito a dissidi sorti tra i due religiosi, ciascuno prese con sé un certo numero di donne trasferendole in due nuove fondazioni: Rocco le sistemò in un Istituto intitolato a S. Vincenzo Ferreri nel rione Sanità, mentre padre Pepe in quello chiamato Immacolata Concezione a S. Eframo Nuovo, prendendo inizialmente in fitto parti di un immobile di proprietà del principe di Ruffano in un primo momento destinate ad abitazioni civili. La fortuna di cui l’Istituto godette sin dal principio rese necessari una serie di lavori di risistemazione e ampliamento degli spazi.
A questo ritiro Re Carlo III assegnò di 600 ducati all’anno, nominando anche 12 governatori come protettori del pio luogo che nel 1792 formarono una congregazione con lo scopo di non far più vagabondare le recluse per la città. Nel 1832 c'erano circa sessanta oblate con una rendita che consentiva il minimo di sussistenza e anche delle pigionanti di distinta condizione sociale (impiegate, segretarie, contabili).
Intanto, nel 1850, al Ritiro era stato annesso un omonimo Educandato che, in seguito, fu denominato Regina Margherita e che trovò nel 1858 la sua sistemazione definitiva presso l’antico convento di S. Teresa agli Studi. Artefice dell’annessione del 1850 fu monsignor Raffaele Carbonelli di Letino, vescovo di Betsaida, affiancato dal cav. Giuseppe Genovesi e da Luigi Tramontano. Il Collegio era destinato a figlie di ufficiali poveri. L’istituzione nel suo complesso (Ritiro ed Educandato) venne posta alle dipendenze del Ministero degli Interni e affidata al governo di un Soprintendente e di due Governatori proposti dal ministro degli Interni e nominati dal sovrano. Ai fondatori si deve la redazione del primo Regolamento, in base al quale si prevedeva una istruzione completa nelle cosiddette arti donnesche, affiancata da una limitata formazione letteraria «colla convinzione che le arti donnesche rendono la donna più utile alla società che la dovizia e le lettere».
Le alunne erano suddivise in sette classi, ciascuna delle quali era affidata a una maestra affiancata da una aiutante. Nell’Educandato vennero create una sartoria e una fabbrica di biancheria. Poco spazio era concesso all’insegnamento di altre discipline: in tutto, due ore al giorno per la letteratura, la calligrafia, l’aritmetica e il catechismo. Preposti all’insegnamento erano soltanto tre maestri, che dovevano destreggiarsi tra le sette classi, cosa che riduceva di fatto a un’ora soltanto la durata dell’insegnamento in ogni classe.
Alla direzione dell’Istituto vi erano due Suore della Carità del monastero di Regina Coeli con le mansioni di Direttrice e Vicedirettrice. Scelte dall’annesso Ritiro della Concezione, vi erano poi dodici Prefette di Camerata, ciascuna delle quali sorvegliava una delle dodici camerate disposte nel numero di tre per ogni piano. Il Regolamento prevedeva anche la presenza di un Portiere da scegliersi tra i sergenti dell’esercito in congedo e dalle specchiate qualità morali; una vera e propria sentinella da caserma.
L’unione dei due Istituti si protrasse soltanto per tre anni: in virtù di due Decreti emanati a Caserta il 9 novembre 1853, vennero disgiunti. Il Ritiro venne affidato a tre Governatori nominati dal re, di cui due laici proposti dal ministro degli Interni e un ecclesiastico proposto dall’arcivescovo di Napoli, mentre l’Educandato, posto sotto l’Alta Protezione della regina, continuò a essere governato da un Soprintendente di nomina regia e fondato sulle norme del comune Regolamento del 1850. A differenza del Ritiro, tuttavia, l’Educandato godette di maggiori privilegi economici, che consentirono a molte ragazze di buona famiglia versanti in difficoltà economiche di essere alloggiate e mantenute gratuitamente. Dopo l’Unità d’Italia, la situazione economica migliorò.
Il Decreto De Sanctis del 12 settembre 1861 comportò una radicale trasformazione di tutti gli Educandati del Regno. L’Istituto continuò a essere destinato alle ragazze di buona famiglia versanti in difficoltà economiche, mentre sotto il profilo amministrativo venne affidato al Consiglio Direttivo degli Educandati. Da un punto di vista educativo, si dette molto più spazio alle discipline umanistiche e scientifiche: religione, lingua e letteratura italiana, storia e geografia, aritmetica, geometria e computisteria, elementi di chimica, fisica, scienze naturali e igiene, insegnamento della lingua francese, disegno, canto, ginnastica. Venne anche aumentato il numero degli insegnanti e stabilito che i 48 posti semigratuiti dovessero essere assegnati dal Consiglio Direttivo «alle fanciulle appartenenti a famiglie civili, i cui genitori abbiano reso notevoli servigi alla patria o colle opere dell’ingegno o nella magistratura o nella milizia o nell’amministrazione o nell’insegnamento».
L’Educandato della Concezione mutò intanto l’intitolazione in Principessa Margherita, prima, e, a partire dal 1878, in Regina Margherita, trasferendosi fisicamente nel ex monastero di S. Teresa agli Studi, cosa che apportò ulteriori benefici economici provenienti dalla vendita dei locali di Materdei.
L'Istituto fu gravemente danneggiato dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale.
a.v.
Fonti
- ASN, Ministero dell’Interno, III inventario, ff. 1169, 1191, 1210, 1225.
- ASN, Opere pie, I, f. 8
- Chiarini, Aggiunzioni, Giornata VII, p. 1868-1869
- Galante, Guida, Giornata XII, p. 403
- Stato delle Opere Pie di Napoli al 1861, n. 55
Bibliografia
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- Filangieri Ravaschieri Fieschi Teresa, Storia della carità napoletana, IV, Napoli 1879, pp. 235-237.
- De Simone Giuseppe, Sul riordinamento delle opere pie nella città di Napoli dopo l’Unità, Napoli 1880, p. 243.
- Vecchione Ernesto - Genovese Enrico, Le istituzioni di beneficenza nella città di Napoli, Napoli 1908, pp. 180-182 (Maria SS. Immacolata a S. Efremo Nuovo).
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- Guidi Laura, L’onore in pericolo. Carità e reclusione nell’Ottocento napoletano, Napoli 1991, pp. 23-39
- Valenzi Lucia, Poveri, ospizi e potere a Napoli (XVIII-XIX sec.), Milano 1995, pp. 23-40
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- Rocca Giancarlo (a cura di), Dizionario dei semireligiosi e semireligiose in Italia dal concilio di Trento sino agli inizi del Novecento, promosso dalla Associazione dei professori di storia della Chiesa in Italia. (la voce è curata da Rosanna Esposito). In corso di stampa.