Antonella Ossorio

I bambini del maestrale.

Abstract

Con l’ultimo romanzo suo romanzo I bambini del maestrale, la scrittrice napoletana Antonella Ossorio ripesca dall’oblio una originale esperienza educativa dei primi del secolo scorso a favore degli scugnizzi di Napoli. Ne è protagonista Giulia Civita Franceschi (Napoli, 1870-1957), che trascorse quindici anni, bordo della nave asilo Francesco Caracciolo ormeggiata nel porto di Napoli dedicandosi al recupero dei suoi piccoli allievi strappati dalla strada e affettuosamente chiamati caracciolini. Il maestrale del titolo, in quanto vento freddo e violento, rappresenta appunto la condizione dei piccoli diseredati antecedente al loro riscatto da miseria e ignoranza.

La Ossorio non solo ha ricostruito in maniera impeccabile la vicenda nel suo contesto storico, avvalendosi di documenti, studi ed epistolari, ma col suo talento letterario e la sua sensibilità di donna, già docente di scuola primaria e per di più autrice di testi per ragazzi, ha dato sangue e ritmo ad una storia ricca di umanità, la cui attualità non manca di interpellare le coscienze, coinvolgendo chi legge fino all’ultima delle sue oltre 370 pagine.

Tra i tanti memorabili, lasciano il segno anche episodi risolti in poche righe come l’accoglienza sulla nave del piccolo scugnizzo Totonno:

Sentendosi tirare per la veste, Giulia abbassò lo sguardo: a richiamare la sua attenzione era stato il più piccolo tra gli ultimi arrivati. Imprevedibilmente le tese le braccia. E appena lei lo ebbe sollevato tra le sue e stretto a sé, le sussurrò all’orecchio: “Totonno”. “Dunque è così che ti chiami?”. Si guardò bene dal rivolgergli formule sciocche e abusate del tipo: ma allora ce l’hai la lingua! Sentiva il cuore sciogliersi dalla tenerezza, dicendole il suo nome quell’anima innocente le aveva dato ben più che una risposta: stava affidandole la sua intera vita. “Totonno” insistette. “E poi?”. Il bambino la fissò con occhi antichi come il mondo. Senza l’ombra di un sorriso, rispose: “Totonno e basta”.

Vivi e credibili sono anche i pochi personaggi non storici che la Ossorio ha ritenuto opportuno inserire nel suo racconto. Primo fra tutti quello «immaginario, ma ispirato all’anonimo scugnizzo che una mattina seguì Giulia in via Toledo», di Felice: che, abbandonato dalla madre, vive una vicenda parallela a quella dei caracciolini senza mai incrociarla per una serie di malaugurate circostanze. Più che un espediente per tener viva nel lettore l’attesa del lieto fine, il caracciolino mancato sta a simboleggiare, nelle intenzioni dell’autrice, «tutti i bambini di strada che si sono persi per non avere incontrato chi offrisse loro un’occasione».

Oreste Paliotti

 

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