Giulia Civita Franceschi
La Montessori del mare, capitana della nave Caracciolo
Napoli, 1870 - Napoli, 27 ottobre 1957
Educatrice e filantropa
Giulia nacque a Napoli nel 1870 dallo scultore Emilio Franceschi, la cui opera più nota è la statua di Ruggero il Normanno sulla facciata del Palazzo reale, e da Marina Vannini. Nel 1889 sposò l’avvocato penalista Teodoro Civita, che in seguito – colpito da una grave forma di ipocondria – si ritirò dalla vita pubblica nella tenuta di campagna a San Paolo Belsito. La vita di questa educatrice carismatica subì una svolta quando nel 1913 assunse la direzione della Francesco Caracciolo, una pirocorvetta in disarmo nel porto di Napoli trasformata in nave asilo per bambini del popolo orfani o abbandonati e a rischio delinquenza, che accolti a bordo di essa ricevettero cure materne, istruzione e avviamento al lavoro e alla vita. Dal 1913 al 1928 Giulia visse sulla Caracciolo in simbiosi con loro, e coadiuvata da personale tecnico della Marina e da un team d’insegnanti dedicò ogni energia a capovolgere il destino dei suoi piccoli allievi, a trasformarli da scugnizzi rifiuto della società in risorsa, in cittadini consapevoli di cooperare al bene comune.
L’iniziativa non fu l’unica del genere in Italia, essendo stata preceduta nel 1883, a Genova, da una nave officina per giovani ex carcerati e nel 1906, a Venezia, da una nave scuola di pesca per gli orfani dei pescatori dell’Adriatico. Ma il modello educativo sperimentato a Napoli da colei che sarebbe stata definita «la Montessori del mare» fu tale da venire apprezzato e studiato anche all’estero, entusiasmando perfino una delegazione venuta dal Giappone a cercare spunti per la riforma scolastica di quel lontano Paese.
Commoventi foto d’epoca ritraggono questa impavida educatrice partenopea sulla coperta della nave asilo in mezzo ai suoi «caracciolini» in perfetta divisa da marinaretti, loro che un tempo vagabondavano per i vicoli della città scalzi e coperti di stracci: tutti figli per lei che chiamavano «mamma AEI», dalle prime lettere dell’alfabeto imparate a leggere e scrivere.
Purtroppo, nonostante l’ampio consenso, i riconoscimenti ufficiali e le onorificenze, nel 1928 Giulia veniva bruscamente estromessa dalla direzione del suo gioiello educativo dal governo fascista, che mirava ad appropriarsene per l’Opera Nazionale Balilla. Identica sorte toccò, negli anni seguenti, ad altre sue promettenti iniziative: la scuola dei Campi Flegrei per pescatori e marinaretti e la scuola elementare e i corsi di agraria del Casertano.
Malgrado il fallimento di questi progetti, insieme al mai realizzato sogno di estendere l’accoglienza e il recupero dei senza famiglia anche a bambine e ragazze, Giulia non si abbatté, non rimase inattiva. Dopo la guerra prese parte, sempre a Napoli, al nascente movimento femminile dell’Udi (Unione Donne Italiane) e si impegnò in campagne giornalistiche per denunciare alla società e ai politici la perdurante piaga dell’infanzia abbandonata, resa ancora più grave dalle conseguenze del conflitto. Morì nel 1957, rimpianta da circa 750 suoi ex allievi.
Dieci anni prima, ad un congresso delle donne napoletane, l’antica capitana della Caracciolo aveva potuto illustrare per la prima ed unica volta la specificità dell’esperienza fatta con gli scugnizzi: il cosiddetto «sistema Civita», espressione del più avanzato pensiero pedagogico del suo tempo.
Oreste Paliotti
Fotografia di Giulia Civita Franceschi