Il culto di Demetra

 a cura di Giovanna Greco

 

 

Demetra, accanto ad Apollo e ai Dioscuri, fa parte di quella triade di divinità patrie, collegate direttamente alla fondazione della città, celebrate da Papinio Stazio il poeta che, negli ultimi decenni del I secolo a.C., scrive il suo canto d’amore per Napoli. Ancora una volta sono le fonti letterarie, epigrafiche e storiche a raccontare l’importanza del culto a Demetra nel pantheon religioso della città. Le origini del culto sono cumane e, come Apollo e i Dioscuri, Demetra è una divinità strettamente collegata alla fondazione stessa di Neapolis, nel suo rapporto con Cuma, città –madre di Partenope / Neapolis. Demetra è divinità poliedrica, protettrice della fertilità umana e naturale, dello scandire delle stagioni e delle regole sociali.

 

Una sacerdotessa di Demetra a Cuma

 

Si racconta che durante il governo di Aristodemo, a Cuma, fu ordita una congiura per abbattere il tiranno; la concubina di Aristodemo ne faceva parte e aiutò i congiurati ad uccidere Aristodemo. La comunità tutta di Cuma volle premiare Xenokrite, nominandola sacerdotessa di Demetra.Questo racconto conserva la memoria, da un lato, della presenza dei sacra Demetros a Cuma e, dall’altro, del ruolo che la donna svolgeva nella società e nella gestione del sacro. Demetra, nel contesto cumano e poi neapolitano, è venerata nel suo aspetto più spiccatamente politico tesmoforico, ovvero come colei che tutela le regole del vivere civile; protegge e favorisce le nozze, base fondante della società degli uomini.

 

Demetra a Neapolis

 

Il culto a Demetra è uno dei culti maggiormente sentito e praticato in città. Alla Dea si rivolgono i fedeli per ottenere un buon raccolto, un matrimonio fertile, una convivenza sociale regolata sulla famiglia; suoi simboli diventano la spiga di grano o la cornucopia con frutti.

Nel corso del V sec. a.C., quando maggiormente si strinsero i rapporti politici e commerciali con Atene, la Demetra cumana, tesmoforica, sarà apostrofata anche con l’epiteto di Actaea, attica, legata piuttosto all’ambiente del grande santuario di Eleusi dove riti e cerimonie assumono un carattere più esoterico. Secondo una tradizione riportata dagli storici antichi, è in questo periodo che, a Napoli si istituiscono le feste delle fiaccole, anch’esse considerate di tradizione attica, che prevedevano una corsa notturna di fanciulle con le fiaccole accese. In realtà con l’arrivo del generale ateniese Diotimo, queste feste che, già da tempo la comunità cittadina svolgeva in onore della Dea Partenope, vennero piuttosto riorganizzate e ufficialmente istituzionalizzate, con la dedica alla Demetra attica. Ma le due tradizioni – Partenope o Demetra quali destinatarie della festa – convivono per un lungo tempo.

 

Alla ricerca del Tempio di Demetra

In città doveva esserci un tempio a Demetra, proprio per l’importanza che aveva il suo culto; è stato a lungo ricercato ma, nel corso dei tanti secoli, non è mai stato ritrovato.Tuttavia la tradizione erudita, nel gioco delle identificazioni di edifici pagani al di sotto delle nuove chiese cristiane, ha proposto di riconoscerlo, di volta in volta, nei ruderi visibili sotto la basilica di S. Giorgio Maggiore che ingloba l’abside della Basilica paleocristiana di San Severo, se non piuttosto al di sotto del complesso di San Gregorio Armeno; alla fine del Seicento, viene proposta l’ubicazione di un Tempio a Cerere al di sotto della Basilica di Santa Maria la Rotonda. Una sorta di continuità di culto viene più volte proposta e reiterata tra la pagana Cerere e la cristiana Santa Patrizia; fantasie, miti, leggende che contribuiscono a confondere e allontanare la realtà storica.Nella prima metà del XX secolo viene scoperta una fossa votiva sulla collina di Sant’Aniello a Capo Napoli che ha restituito numerosi ex voto dove prevalgono terrecotte figurate con busti femminili con alto copricapo (polos) che gli studiosi hanno riconosciuto come immagini di Demetra, proponendo così l’ubicazione di un santuario a Demetra sulla collina di Sant’Aniello. Ma intorno a questo materiale votivo è sorta una lunga discussione che lascia , ancora una volta, molto nell’ombra la figura di Demetra, Si deve riconoscere che di un tempio dedicato a Demetra ancora non sono state individuate le tracce.

 

 

 

 

 

 

 

Un collegio di sacerdotesse per il culto a Demetra

 

Cicerone racconta che, quando a Roma si dovevano celebrare riti e cerimonie in onore di Cerere (Demetra), le sacerdotesse venivano chiamate da Neapolis e da Velia, le uniche città della Magna Grecia dove si erano conservate le tradizioni cultuali e cerimoniali di impronta ellenica, legate al culto della Dea.E della presenza di un collegio sacerdotale femminile, a Neapolis, abbiamo conferma in alcune iscrizioni funerarie che, tra I e II sec. d.C., ricordano figure femminili che si sono distinte nella società del tempo e che hanno svolto un ruolo di sacerdotesse nel santuario di Demetra. Conosciamo il nome di almeno quattro donne sacerdotesse di Demetra: Tettia Castia, Cominia Plutogenia, Prima Pretidia; sono tutte fanciulle che provengono dal ceto aristocratico della città e hanno dedicato la loro vita alla gestione del culto a Demetra/Cerere. Dalla documentazione letteraria ed epigrafica si ricava, con una certa sicurezza, che a Napoli esisteva un collegio sacerdotale femminile dedicato al culto della dea; presso di loro le fanciulle della buona società svolgevano il loro periodo iniziatico di preparazione alle nozze, guidate e istruite dalle sacerdotesse, nello spazio sacro dedicato alla dea.

 

 

 

 

 

 

Le Sacerdotesse per Demetra

Tettia Castia

Vive nella Napoli del I sec. d. C; muore prematuramente (nel 71 d.C.) e viene onorata dall’intera comunità cittadina; una lunga iscrizione descrive le delibere del Senato: per aver dedicato tutta la sua vita al sacerdozio, per aver sostenuto, a proprie spese, abbellimenti in città. Il Senato onora Tettia Castia con una statua, un ritratto su scudo, una corona d’oro e stabilisce che venga seppellita a spese pubbliche. Tettia è stata sacerdotessa, ma soprattutto ha governato un oikos di donne, ovvero una casa per le donne; a voler ben intendere l’iscrizione potrebbe anche piuttosto riferirsi alla sede di un’associazione femminile che, nella Napoli romana del I sec. d. C. doveva svolgere un ruolo pubblico nella gestione del sacro molto significativo, tale da concedere onori e funerali pubblici alla sua sacerdotessa. Ed è molto probabile che da questo oikos siano partite le sacerdotesse per celebrare i riti a Roma, al santuario di Cerere.

Cominia Plutogenia

La dedica è posta, nel II sec. d. C, da un pronipote di Cominia Plutogenia, un tal Tiberio Castricio Calediano, in segno di affetto per aver dedicato la sua vita a Demetra Thesmoforica; ma la dedica avviene anche per volere del Consiglio tutto della città di Neapolis.  Plutogenia è stata moglie di Paccio Caledo, arconte della città in età flavia (I sec.d.C., quindi un secolo prima della dedica onorifica); la famiglia aveva origini campane, così come si deduce dal cognome; dunque origini provinciali, ma i suoi esponenti avevano raggiunto in città le più alte cariche pubbliche; i discendenti di Plutogenia sono diventati tutti arconti o edili e dunque la città, su volere del pronipote, onora la capostipite con una dedica da esporre nel Foro cittadino.

 

Prima Pretidia

Conosciamo questa nobile figura di donna, grazie ad un epitaffio in alfabeto latino del I secolo a.C. Giace sepolta essendosi compiuta la volontà del fato e dopo aver trascorso la vita in ricchezza, è andata ora nel regno di Persefone; di famiglia nobile, è stata moglie, ma è appellata come sacaracirix ( sacerdotessa) e come pristafalacirix, termine non chiaro ma che sta ad indicare un ruolo eminente nella pratica del culto a Cerere e Venere, forse in forma collegiale ( a capo delle sacerdotesse).

 

Per Saperne di più:

  • Greco: Demetra /Cerere: Il culto tra continuità e discontinuità, in San Gregorio Armeno. Storia, architettura, arte e tradizioni (a cura di N. Spinosa, A. Pinto, A. Valerio) , Napoli 2013  pp. 61-73
  • Stipe di Sant’Aniello a Capo Napoli M.R. Borriello, A. De Simone, La stipe di S. Aniello, in Napoli antica, cit., pp. 159-169
  • Greco, Napoli, città cumana: alle origini della identità culturale della Baia di Napoli, in antico golfo cumano, in La Baia di Napoli. Strategie integrate per la conservazione e la fruizione del paesaggio culturale, a cura di A. Aveta, B. G. Marino, R. Amore, Napoli 2017, pp. 260 – 265.
  • Greco- M.L. Giacco. M. L. Tardugno, Riti, culti e devozioni a Napoli tra V e II secolo a.C. ibidem, pp. 191- 196
  • Giulierini, G. Greco, F. Miele, L. Forte, M.L. Giacco, M.L. Tardugno, Napoli devota. Antichi culti nella città greca e romana, in «Archeologia Viva», n. 196, 2019, pp. 46-65.
  • Miranda E. Miranda, Iscrizioni Greche d’Italia. Napoli I, II, Roma 1990; 1995.
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